In particolare è stata realizata, lo scorso 7 gennaio, un’interessante esposizione di 10 opere del fotografo non professionista Fabio Sacco, già presente con una personale a Genova presso Sala Dogana di Palazzo Ducale.
Le fotografie raccontano il disagio dei lavoratori in fabbrica, l’autore è anche protagonista degli scatti.
In questa esperienza artistica, Fabio Sacco intende sottolineare le ormai prive prospettive future della classe operaia. Attraverso le sue immagini affronta le tematiche essenziali che costituiscono l’attuale società tra cui il lavoro, la famiglia, la casa… dove il soggetto degli scatti rubati è proprio lui, Fabio Sacco, fotografo per passione, nato e cresciuto a Novi Ligure, dove tuttora vive e lavora.
Una delle finalità della mostra è quella di condurre il visitatore attraverso ogni singolo scatto, in un percorso di identificazione e partecipazione, atto a percepire il senso di desolazione e avvilimento che hanno indotto l’artista alla realizzazione del reportage fotografico.
L’artista afferma:
Per comprendere a fondo le motivazioni da cui è scaturito il mio progetto è necessario tornare indietro nel tempo di un paio di decadi, a quando il mondo del lavoro fu colpito su ogni fronte, privando la gente di prospettive e degli innegabili diritti sui quali si fonda la nostra Costituzione:
art.1 L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
In realtà si è allontanata sempre più l’età pensionabile e l’ambito lavorativo è stato caratterizzato da infiniti contratti a tempo determinato che non assicurano un futuro concreto a chi intraprende la strada del mondo del lavoro.
I giovani, ultimata la fase dedicata alla formazione scolastica, si trovano perlopiù ad affrontare una situazione profondamente compromessa, quasi sempre costretti a lavori precari o lontani dal proprio paese di origine, sfidando il destino e cercando all’estero quel riconoscimento e quella possibilità di progettare il futuro lontano dal proprio Paese che oramai non ha più nulla da offrire e dal quale si sentono traditi.
In questa mostra ho voluto rappresentare la giornata lavorativa di un operaio, spogliato dei suoi diritti, con la sua inutile ambizione, la sua routine e le sue riposte speranze.